L’uomo è malato. Grazie a metodi di analisi sempre più sofisticati, la medicina classica si rende conto che non esiste alcuna persona completamente sana. La malattia viene ritenuta scomodamente casuale. Al contrario, essa rappresenta qualcosa di unico: una forma di squilibrio che, portando l’uomo nel disagio, lo invita a cambiare alcune sue condizioni esistenziali, se vuole tornare alla salute. Sappiamo che ogni parte del nostro corpo ha una funzione specifica che si integra con la globalità del nostro sistema corpo-mente. La nuova scuola di psicosomatica parte dal presupposto che tutte le manifestazioni fisiche sono in realtà la rappresentazione di un contenuto profondo, inconscio, espresso in modo metaforico dagli organi implicati nella patologia. Nascondendo o reprimendo i sintomi fisici, non facciamo altro che ampliare la problematica inconscia e i sintomi eliminati finiscono nell’ombra della nostra psiche. Se sul cruscotto della nostra auto si accende la spia dell’olio, non svitiamo la lampadina per togliere il segnale, ma andiamo a verificare la causa: il livello dell’olio. Se abbiamo mal di testa, perché mai estinguiamo il segnale, assumendo un antidolorifico? Se impariamo, invece, ad associare il sintomo con il suo significato profondo e con l’organo colpito, avremo maggiori possibilità di arrivare alla “causa prima” del nostro malessere. Ciò che siamo abituati a chiamare “malattie”, sono in realtà segnali che ci dicono che qualcosa in noi non va, quindi occasioni per crescere: forse varrebbe la pena fare uno sforzo, mettere in discussione i nostri timori e comprendere realmente la causa profonda del nostro personale malessere. Potrebbe salvarci la vita!